giovedì 19 febbraio 2009

Il Caso Danesin

La mattina del 30 Marzo del 1953, Il Presidente della Corte di Assise di Pisa leggeva la sentenza di assoluzione di tutti gli imputati nel processo intentato alla Brigata Partigiana guidata da Sante Danesin.
Sante Danesin era il Comandante della III Brigata Partigiana che operava nelle zone di Rosignano e Castellina Marittima, tra la Provincia di Pisa e quella di Livorno. Aveva scelto la clandestinità già nell’ottobre del 1943, poco dopo l’armistizio firmato dal Generale Badoglio con gli Anglo- Americani. Fino al Luglio/Agosto del 1944, quando gli alleati liberarono Rosignano, Sante Danesin ed i suoi uomini si erano impegnati in una dura guerra contro l’occupante tedesco e contro i fascisti della Repubblica di Salò. Il 27 Gennaio del 1944, due appartenenti alla Brigata, feriscono gravemente il Maresciallo dei Carabinieri Nannipieri, accusato di essere un convinto fascista, persecutore di antifascisti e di renitenti alla leva, ed uccidono il Carabiniere Vanore. Gli stessi fascisti considerano l’attentato un atto di guerra, istruiscono un processo lampo e, il 29 Gennaio 1944, all’alba, sulla spiaggia di Rosignano, fucilano un partigiano detenuto nel carcere di Pisa : Oberdan Chiesa. Nel dopoguerra un Giudice Istruttore, emette nei confronti di Sante Danesin, del suo Vicecomandante, Paolo Pannocchia, del Commissario Politico della Formazione, Vasco Giaconi e di altri 14 partigiani, vari mandati di cattura per 6 omicidi, alcuni tentati omicidi, rapina e tentata rapina. Al termine dell’Istruttoria e dopo oltre 20 mesi di Carcere preventivo, tutti gli imputati vengono rinviati a giudizio di fronte alla Corte di Assise di Pisa. L’accusa era di aver compiuto, non atti di guerra “al fine di liberare la patria dall’occupante nazifascista”, ma una serie di delitti dettati da “biechi motivi di vendetta ed interesse personale”, quindi non coperti dall’amnistia.
Che si trattasse di un processo politico non vi è e non vi era alcun dubbio. De resto il clima era in quegli anni molto pesante. Scrive Pietro Calamandrei “La pratica del Governo, nelle direttive ai Prefetti e ai Questori si è andata sempre di più orientando, spesso in contrasto con la giurisprudenza giudiziaria, nel senso di un trattamento diverso in tutti i campi in cui la pubblica amministrazione ha un potere discrezionale per i cittadini appartenenti ai partiti di maggioranza e per i cittadini appartenenti ai partiti di opposizione. Le libertà civili e politiche non hanno più uno stesso significato per tutti i cittadini : la libertà di associazione, di riunione, di circolazione, di stampa, ha un contenuto diverso secondo se chi lo invoca appartenga al partito degli eletti o a quello dei reprobi. La discriminazione contro i comunisti si è pian piano allargata contro tutti “i malpensanti”, contro tutti “i sovversivi”.
Erano gli anni di Mario Scelba, Ministro dell’Interno del terzo Governo De Gasperi, della repressione contro ogni manifestazione di dissenso, che lo stesso Ministro definiva “risse di un culturame”, delle brutali cariche della famigerata “celere”. Erano gli anni in cui Alcide De Gasperi, pur tra mille contraddizioni, affermava la necessità di “uno stato forte” di “una democrazia protetta dalla estrema sinistra”, affermazione che lo portò a proporre il varo della cosiddetta Legge Truffa e della cosiddetta “Polivalente”, un insieme di leggi speciali che dovevano disciplinare la stampa, i sindacati, punire la formazione di partiti o movimenti contrari alle istituzioni o che praticavano il disfattismo (scioperi, occupazione delle fabbriche, manifestazioni di protesta...). Erano gli anni dei processi ai Partigiani, migliaia in tutto il Centro Nord, per le azioni di guerra da essi compiute contro il nazifascismo. Erano gli anni in cui si affermò da parte del Governo e di buona parte della Democrazia Cristiana, il tentativo di svilire e delegittimare la Resistenza, in particolare quella comunista e di sbarazzarsi dell’opposizione. Erano gli anni infine in cui il dettato Costituzionale stentava ad affermarsi.
Tra i difensori al processo Danesin vi era Lelio Basso. Avvocato, parlamentare socialista, più tardi fondatore del PSIUP, Basso è stato uno dei Costituenti ed in particolare ha materialmente steso l’Art. 3 (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.). Basso ed altri avvocati facevano parte di “solidarietà democratica” una associazione presieduta da Umberto Terracini fortemente impegnata nell’assistenza legale dei tanti imputati nei processi politici. Memorabile l’arringa che Lelio Basso tenne di fronte ai Giudici della Corte d’Assise di Pisa, più tardi pubblicata in un libro dal titolo “La democrazia davanti ai giudici”.
La storia di Sante Danesin diverrà un film a cura della Scuola di Cinema Anna Magnani di Prato. La sceneggiatura è di Ilaria Mavilla, la regia di Massimo Smuraglia.
Perchè raccontare ora quella vicenda ?
Perchè la storia talvolta si ripete ed oggi ancora una volta assistiamo non solo all’attacco indiscriminato alla Costituzione, ma anche al tentativo di ridurre fortemente gli spazi dell’opposizione, i diritti civili dei cittadini, le libertà collettive ed individuali. Il tentativo fu allora sconfitto da una forte mobilitazione di gran parte dell’opinione pubblica....ma oggi ?

Massimo Smuraglia

5 commenti:

  1. Oggi si ripresentano gli stessi pericoli ma in un contesto diverso. Il “potere” agisce con mezzi di comunicazione più potenti e con metodi più sofisticati. In tutti questi anni di televisione spazzatura si è puntato non, come allora, ad affermare una idea politica su un’altra, ma a distruggere il concetto e il valore della Politica. Il che è molto peggio. In questo senso, ovviamente, ha dato una mano la corruzione e l’inefficienza della classe politica.
    Oggi però, i nuovi mezzi di comunicazione ci danno anche la possibilità di difenderci con armi più efficaci. Penso ad Internet, alla sua capacità di arrivare a chiunque e la sua resistenza al controllo. Penso alle immagini digitali, che possono essere realizzate facilmente da tutti e arrivare ovunque velocemente.
    Inoltre dobbiamo ricordarci che abbiamo un’altra arma potentissima: l’arte. L’arte riesce a produrre emozioni e le emozioni arrivano direttamente al cuore.
    Un film che racconta la vicenda di Sante Danesin riuscirà sicuramente a diffondere e sostenere i valori su cui si è fondata la resistenza e la carta costituzionale. Penso a quanti vedendo il film conosceranno Lelio Basso e ascolteranno la sua arringa finale.
    Forse siamo degli illusi, sicuramente questo è un piccolo contributo, ma …chissa?

    RispondiElimina
  2. il commento di prima è mio, ma ho sbagliato la prcedura di firma.
    Massimo Mancini

    RispondiElimina
  3. il 23 dicembre del 1954 la corte d'appello di Firenze ribaltò la sentenza di primo grado condannando Danesin, Giaconi, Pannocchia a pene variabili tra i 15 e i 6 anni di reclusione in quanto ritenuti colpevoli dell'uccisione di 3 civili al di fuori delle azioni di guerra. La pena venne poi cancellata grazie all'amnistia concessa nel 1946. Gli imputati dovettero comunque pagare le spese processuali e 30.000 lire di risarcivemento alla vedova del Gaiozzi.
    Presso la fondazione Basso si trova copia di una lettera che l'avv. Filastò invio a Basso dopo la sentenza di secondo grado che la giudicava ineccepibile e conforme alla legge...
    Forse è il caso che vi informiate bene magari sentendo le testimonianze di chi quella gente l'ha conosciuta di persona... A Castellina sti partigiani non sono considerati tanto degli eroi...

    RispondiElimina
  4. La lettera di Filastò è da tempo in nostro possesso e la sentenza della Corte di Appello è a noi nota (e sarà correttamente riportata nel film). In ogni caso nella lettera Filastò scrive che ai partigiani è stata riconosciuta anche per gli omicidi Giannotti e Gaiozzi la motivazione politica ed è in base a questo elemento che si è potuto applicare l'amnistia. Il fatto è che gli imputati hanno sempre negato di aver ucciso Gaiozzi e Giannotti e prove certe che essi fossero gli autori di quegli "omicidi" non ve ne sono mai state. Nella lettera inoltre Filastò scrive testualmente che dati gli elementi in possesso del Collegio di Difesa "di più onestamente non si poteva fare", che è assai diverso dal riconoscere una sentenza come ineccepibile.
    Abbiamo sentito molte testimonianze "di chi quella gente l'ha conosciuta di persona". Tra essi molti Castellinesi, ivi compreso l'unico superstite della formazione guidata dal Danesin(Ergio Benincasa). Altra piccola considerazione, per la precisione : La Corte d'Appello non ribaltò completamente la sentenza di primo grado perchè Danesin e gli altri, per gli attentati di cui furono accusati dal Giudice Istruttore (omicidi Vanore, Scordo, Renzetti e tentato omicidio Nannipieri) furono nuovamente assolti perchè il fatto non costituisce reato, confermando così la sentenza di primo grado. Abbiamo tentato, nel film, di mantenere un certo equilibrio ed una certa onestà intellettuale su quanto avvenuto, ma ciò non significa che la sensazione netta che abbiamo avuto leggendo atti processuali ed ascoltando testimonianze, fosse quella di una discutibile operazione politica. Ma ovviamente il dibattito è aperto. Anzi ringrazio personalmente di questo messaggio e spero potremo continuare a discuterne in occasione della presentazione del film.
    Massimo Smuraglia

    RispondiElimina
  5. Concordo con lei che ci fu un chiaro piano politico dietro i processi ai gruppi partigiani. Quello alla "Brigata Danesin" non fu il solo...
    Resta però che per lo Stato Italiano i principali protagonisti di questa triste vicenda, alla fine di tutti i gradi di giudizio, furono considerate colpevoli di vari omicidi e tentati omicidi e per i quali non hanno scontato pena solo per l'applicazione dell'amnistia del 1946.
    Questo dettaglio è stato oscurato per 60 anni con un'altrettanto palese piano politico.
    Avrò modo di farle avere la trascrizione di un'intervista fatta a Elia Gambicorti nel 1994 che da un giudizio impietoso sull'operato di Danesin nel rapimento di Renzetti e sulla sua successiva uccisione avvenuta (a suo parere) senza regolare processo. Gambicorti parla a lungo anche del processo e della spaccatura che si creò tra gli imputati, tra chi voleva dire la verità e chi voleva seguire la linea chiesta da Basso.
    Chieda poi dei motivi che hanno scatenato la rappresaglia tedesca in cui ha trovato la morte Fulvio Giaconi... di questo fatto negli atti del processo si parla proprio poco.
    Il messaggio che voglio passare è che sicuramente Lelio Basso merita di essere ricordato con un film... un po' meno i partigiani della Sante.
    Spero che, quale figlio di uno degli avvocati della difesa dei partigiani, non si faccia condizionare dal legame emotivo con questa vicenda e riesca a tradurre gli accadimenti nella pellicola con la necessaria obiettività e imparzialità.

    PS riporto per intero la lettera di Filastò, giusto perchè sia chiaro a chi legge il contenuto nella sua interezza:

    "Firenze, lì 31 Dicembre 1954
    Caro Basso,
    solamente ieri ho ricevuto la tua del 24 c.m. Sono assai spicente per le notizie poco buone che mi dai della tua salute e di tutto cuore ti auguro che tu possa ristabilirti ento il più breve termine. Credo che farai bene a seguire il consiglio dei medici ed osservare un periodo di stretto riposo.
    Stanotte è stata letta la sentenza nel processo della Sante. La conclusione anche se non è stata completamente felice può nel complesso appagarci.
    La Corte ha confermato per l’episodio Vanore il fatto di guerra, per gli episodi invece Giglioli, Scordo e Renzetti ha applicato l’amnistia del 5/4/44 n°96, quali fatti commessi al fine di liberare la Patria ecc.ecc. formula che anche moralmente presso a poco equivale la precedente.
    Per l’episodio Giannotti ha condannato Pannocchia, Danesin e Giaconi e Pannocchia e Danesin per quello Gaiozzi e quindi ha gratificato 19 anni di reclusione a Pannocchia e Danesin e 16 a Giacono. Ha però, nonostante l’assunto negativo degli imputati, dato loro in prestito il motivo politico e così applicando l’art. 2 del D.P. 19/12/53 n.922 ha dichiarato interamente condonate le pene.
    In complesso una sentenza conforme a giustizia e credo che onostamente di più non si poteva fare.
    Circa il processo Di Giulio, Avanzati ed altri ero già informato della situazione ed ecco che cosa ho deciso di fare. Una parte degli imputati faranno la nomina a te e noi chiederemo il rinvio per la tua malattia e credo ci sarà accordato. Tu però dovresti mandarmi un’attestazione medica. Ti invio questa lettera a Milano, ma spero ti sarà recapitata ovunque tu sia.
    I migliori e più affettuosi auguri.
    Avv. Pasquale Filastò"

    RispondiElimina