La mattina del 30 Marzo del 1953, Il Presidente della Corte di Assise di Pisa leggeva la sentenza di assoluzione di tutti gli imputati nel processo intentato alla Brigata Partigiana guidata da Sante Danesin.
Sante Danesin era il Comandante della III Brigata Partigiana che operava nelle zone di Rosignano e Castellina Marittima, tra la Provincia di Pisa e quella di Livorno. Aveva scelto la clandestinità già nell’ottobre del 1943, poco dopo l’armistizio firmato dal Generale Badoglio con gli Anglo- Americani. Fino al Luglio/Agosto del 1944, quando gli alleati liberarono Rosignano, Sante Danesin ed i suoi uomini si erano impegnati in una dura guerra contro l’occupante tedesco e contro i fascisti della Repubblica di Salò. Il 27 Gennaio del 1944, due appartenenti alla Brigata, feriscono gravemente il Maresciallo dei Carabinieri Nannipieri, accusato di essere un convinto fascista, persecutore di antifascisti e di renitenti alla leva, ed uccidono il Carabiniere Vanore. Gli stessi fascisti considerano l’attentato un atto di guerra, istruiscono un processo lampo e, il 29 Gennaio 1944, all’alba, sulla spiaggia di Rosignano, fucilano un partigiano detenuto nel carcere di Pisa : Oberdan Chiesa. Nel dopoguerra un Giudice Istruttore, emette nei confronti di Sante Danesin, del suo Vicecomandante, Paolo Pannocchia, del Commissario Politico della Formazione, Vasco Giaconi e di altri 14 partigiani, vari mandati di cattura per 6 omicidi, alcuni tentati omicidi, rapina e tentata rapina. Al termine dell’Istruttoria e dopo oltre 20 mesi di Carcere preventivo, tutti gli imputati vengono rinviati a giudizio di fronte alla Corte di Assise di Pisa. L’accusa era di aver compiuto, non atti di guerra “al fine di liberare la patria dall’occupante nazifascista”, ma una serie di delitti dettati da “biechi motivi di vendetta ed interesse personale”, quindi non coperti dall’amnistia.
Che si trattasse di un processo politico non vi è e non vi era alcun dubbio. De resto il clima era in quegli anni molto pesante. Scrive Pietro Calamandrei “La pratica del Governo, nelle direttive ai Prefetti e ai Questori si è andata sempre di più orientando, spesso in contrasto con la giurisprudenza giudiziaria, nel senso di un trattamento diverso in tutti i campi in cui la pubblica amministrazione ha un potere discrezionale per i cittadini appartenenti ai partiti di maggioranza e per i cittadini appartenenti ai partiti di opposizione. Le libertà civili e politiche non hanno più uno stesso significato per tutti i cittadini : la libertà di associazione, di riunione, di circolazione, di stampa, ha un contenuto diverso secondo se chi lo invoca appartenga al partito degli eletti o a quello dei reprobi. La discriminazione contro i comunisti si è pian piano allargata contro tutti “i malpensanti”, contro tutti “i sovversivi”.
Erano gli anni di Mario Scelba, Ministro dell’Interno del terzo Governo De Gasperi, della repressione contro ogni manifestazione di dissenso, che lo stesso Ministro definiva “risse di un culturame”, delle brutali cariche della famigerata “celere”. Erano gli anni in cui Alcide De Gasperi, pur tra mille contraddizioni, affermava la necessità di “uno stato forte” di “una democrazia protetta dalla estrema sinistra”, affermazione che lo portò a proporre il varo della cosiddetta Legge Truffa e della cosiddetta “Polivalente”, un insieme di leggi speciali che dovevano disciplinare la stampa, i sindacati, punire la formazione di partiti o movimenti contrari alle istituzioni o che praticavano il disfattismo (scioperi, occupazione delle fabbriche, manifestazioni di protesta...). Erano gli anni dei processi ai Partigiani, migliaia in tutto il Centro Nord, per le azioni di guerra da essi compiute contro il nazifascismo. Erano gli anni in cui si affermò da parte del Governo e di buona parte della Democrazia Cristiana, il tentativo di svilire e delegittimare la Resistenza, in particolare quella comunista e di sbarazzarsi dell’opposizione. Erano gli anni infine in cui il dettato Costituzionale stentava ad affermarsi.
Tra i difensori al processo Danesin vi era Lelio Basso. Avvocato, parlamentare socialista, più tardi fondatore del PSIUP, Basso è stato uno dei Costituenti ed in particolare ha materialmente steso l’Art. 3 (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.). Basso ed altri avvocati facevano parte di “solidarietà democratica” una associazione presieduta da Umberto Terracini fortemente impegnata nell’assistenza legale dei tanti imputati nei processi politici. Memorabile l’arringa che Lelio Basso tenne di fronte ai Giudici della Corte d’Assise di Pisa, più tardi pubblicata in un libro dal titolo “La democrazia davanti ai giudici”.
La storia di Sante Danesin diverrà un film a cura della Scuola di Cinema Anna Magnani di Prato. La sceneggiatura è di Ilaria Mavilla, la regia di Massimo Smuraglia.
Perchè raccontare ora quella vicenda ?
Perchè la storia talvolta si ripete ed oggi ancora una volta assistiamo non solo all’attacco indiscriminato alla Costituzione, ma anche al tentativo di ridurre fortemente gli spazi dell’opposizione, i diritti civili dei cittadini, le libertà collettive ed individuali. Il tentativo fu allora sconfitto da una forte mobilitazione di gran parte dell’opinione pubblica....ma oggi ?
Massimo Smuraglia